Insetti sociali: architetti eco-friendly! (Parte 1: vespe e api)

Tutti gli animali sociali, e fra questi anche l’uomo, hanno la necessità di costruire rifugi, nidi, tane entro i quali trovare protezione dai pericoli dell’ambiente esterno, allevare la prole e consolidare i ruoli sociali.

L’architettura degli insetti sociali, in particolare, desta grandissima ammirazione in quanto, creature così piccole sono in grado di dar vita a costruzioni non soltanto di notevoli dimensioni ma anche estremamente resistenti e dotate, in alcuni casi, di sistemi di areazione finemente realizzati. I materiali impiegati, oltre il terriccio, vanno dalla cera alla carta. Quest’ultima è particolarmente usata dalle così dette “vespe cartonaie”, appartenenti alla specie Polistes dominulus, esse, infatti, impastano con la saliva le fibre di legno staccate, grazie alle potenti mandibole, da arbusti o altre specie vegetali e, con questa poltiglia originano le cellette esagonali caratteristiche dei loro favi. Il nido, composto da un unico favo e dotato di un peduncolo (estremamente coriaceo), assume consistenza cartacea una volta che la poltiglia è esposta all’aria ed è reso ancora più robusto dalle secrezioni salivari che le vespe distribuiscono lungo tutte le sue pareti. Inizialmente, dal peduncolo, vengono appese le prime 20-40 cellette che formano l’abbozzo della colonia. Le prime due cellette prodotte sono a sezione rotonda e, successivamente, sopra ad esse, viene costruito un rivestimento a forma di ombrello. La distanza fra l’ombrello e le cellette è pari alla grandezza del corpo della regina che, in questo modo, può aggrapparsi al peduncolo trattenendosi fra le cellette e il rivestimento. Quando la colonia si accresce, le nuove cellette prodotte, vengono aggiunte a quelle preesistenti ma, in questo caso, esse hanno forma esagonale; con le aumentate dimensioni della colonia vengono, spesso, costruiti e aggiunti più peduncoli che diano maggior sostegno al nido. Da sottolineare è il fatto che quest’ultimo assume una funzione importantissima nel riconoscimento, da parte degli individui neo-sfarfallati, dell’odore caratteristico della loro colonia. I composti ossigenati come aldeidi grasse e acidi grassi (prodotti dalle ghiandole di Van der Vecht), infatti,  vengono rilasciati dalle vespe adulte e dalla regina sia sul peduncolo del nido sia sulle sue pareti dove agiscono sia come repellenti contro gli attacchi delle formiche predatrici, sia come template che le nuove nate dovranno memorizzare. 

nido di vespa cartonaia (fonte: M. Cipollini)

Le api, proprio come le vespe, sono un esempio di regolarità architettonica: cellette esagonali disposte l’una accanto all’altra con precisione millimetrica.

In Apis mellifera le celle dei favi sono costruite con la cera (importante anche per l’acquisizione dell’odore della colonia); quest’ultima viene prodotta dalle ghiandole addominali delle operaie le quali raccolgono il prodotto attraverso le zampe posteriori passandolo, quindi, alle zampe anteriori e alle mandibole dove viene impastata con la saliva. Oltre a ciò, perché la cera risulti  modellabile è necessario che, all’interno dell’alveare vi sia una temperatura di circa 35 °C. La celletta a base esagonale permette di sfruttare meglio lo spazio e oltretutto, facilita un lavoro di ampliamento del favo in maniera indipendente da parte di più individui che lavorino in contemporanea. Un alveare non è soltanto una matrice di celle esagonali ma è organizzato anche in tre regioni concentriche distinte: una zona centrale (dove è situata la nidiata) circondata da un anello di cellette riempite di polline ed infine da una grande regione periferica di celle in cui è immagazzinato il miele. Al contrario di quanto avviene negli altri insetti sociali, come per esempio nei vespidi, le cellette non risultano essere capovolte e appese per il fondo ma sono costruite con un angolo di circa 13° rispetto al piano orizzontale in modo che sia evitata la fuoriuscita del miele. Questo caratteristico orientamento, nelle api, è possibile perché esse sono in grado di percepire la gravità grazie alla presenza di placche tricogene propriocettrici alla base del collo.

Una particolare curioso è come avviene la scelta del sito di nidificazione di una colonia sciamante (generalmente, quando il numero di individui diventa estremamente elevato, la vecchia regina sciama con una parte di operaie al seguito, lasciando il vecchio favo alla nuova regina): lo sciame si ferma stanziante in un posto e, da lì, le api esploratrici partono alla ricerca di un sito idoneo. Quando ognuna di esse torna con le informazioni relative ad un luogo plausibile comunica (attraverso la famosa danza) le coordinate alle compagne che vi si recano in perlustrazione. Dopo numerosi “colloqui” fra le varie esploratrici sempre più individui seguono l’idea di una di esse per poi finire per “convertire” l’intero sciame ad accettare il luogo scelto dalla maggioranza, in sostanza, possiamo dire trattarsi di un modo molto democratico di scelta.

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Fonti:

  1. Gullan, P. J., Cranston, P. S., 2006: Lineamenti di Entomologia. Ed. Zanichelli.
  2. Coco, E., 2008 : Il comportamento degli animali. Ed. Giunti.
  3. Theraulaz, G., Bonabeau, E., Deneubourg, J. L., 1998: The origin of nest complexity in social insectsJohn Wiley & Sons, Inc., Vol. 3, No. 6.
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6 risposte a Insetti sociali: architetti eco-friendly! (Parte 1: vespe e api)

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  2. Manuela Kiko ha detto:

    Interessante. Beh, allora meglio così. Infatti sapevo che spesso alcuni abitanti dormienti nelle cellette possono riservare brutte sorprese agli incauti. Grazie della spiegazione puntuale :D
    Ma quale tipo di carta gli davate? Tipo carta colorata? Venivano i nidi colorati???? :D

    • Maria Cipollini ha detto:

      Sì, se vuoi osservare l’accrescimento del nido, per esempio quante cellette fanno in un dato periodo di tempo, basta fornire loro carta colorata (ovviamente colori diversi se l’osservazione dura diverso tempo e devi vedere vari periodi di costruzione). Vengono fuori dei nidi arlecchino! :) basta cartoncino normale.

  3. Gianmarco Lemioni ha detto:

    Degli architetti fenomenali. Peccato mi pungano a sangue tutte le estati!

  4. Manuela Kiko ha detto:

    Noo! Grandissimo articolo! Ma non avevi paura a toccare i nidi?

    • Maria Cipollini ha detto:

      Grazie! Il nido della foto è uno vecchio che ho conservato, ormai non c’è più alcun abitante e si può maneggiare tranquillamente :). Per la tesi, quando abbiamo dovuto prendere qualche vespa e nido bhè ci vuole molta prudenza… di solito ci si va o all’alba o al tramonto quando gli insetti, per le temperature un po’ più fresche non sono molto attivi. Naturalmente si deve essere muniti di guanti da giardinaggio, sacchetti di plastica e/o barattoli di vetro dove mettere gli individui ed, eventualmente i nidi raccolti. Questi ultimi sono presi sempre di dimensioni abbastanza ridotte (all’inizio della fondazione) poi, fornendo alle vespe della carta, queste li ampliano in laboratorio.

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