Prosopagnosia: una malattia socialmente invalidante

UP

Associazione culturale Scoiattolo Rampante

La prosopagnosia è un deficit percettivo acquisito o congenito del sistema nervoso centrale. Il termine deriva dall’unione di 2 parole greche: πρόσωπον (“faccia”) e αγνωσία (“non conoscenza”) -Bodamer 1947-. Impedisce ai soggetti che ne sono colpiti di riconoscere i volti delle persone, anche dei familiari stessi.

René Magritte (Google immagini)

I sottotipi di prosopagnosia sono 3:

  • Prosopagnosia appercettiva:  le persone che presentano questo disordine non sono assolutamente in grado di riconoscere i volti e sono incapaci di eseguire con successo giudizi tipo simile/dissimile, quando vengono loro presentate immagini di diversi volti. Potrebbero inoltre non essere in grado di riconoscere attributi quali l’età o il genere della persona dal volto. Ad ogni modo, potrebbero essere in grado di riconoscere le persone basandosi su indizi non-facciali come ad esempio i vestiti, l’acconciatura dei capelli o la voce.
  • Prosopagnosia associativa: deficit dei collegamenti tra il processo primario di riconoscimento dei…

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Approfondimenti microbiologia alimentare

Dopo un lungo lavoro durato quasi 4 anni, dopo revisioni, aggiornamenti e pubblicazioni periodiche, si è concluso con successo il progetto dell’Associazione di pubblicazione del libro APPROFONDIMENTI DI MICROBIOLOGIA ALIMENTARE. Di seguito prefazione del volume che descrive meglio il lavoro svolto. Complimenti a tutti coloro che hanno partecipato e in particolare all’autrice!

Copertina Approfondimenti microbiologia alimentare

L’idea di questo volume è nata spontaneamente dall’osservazione del meticoloso lavoro della Dott.ssa Laura Mencarelli, esperta Microbiologa, di redazione di articoli inerenti la microbiologia alimentare pubblicati tramite l’Associazione culturale Scoiattolo Rampante.
Ogni capitolo affronta con sguardo tecnico e con suggerimenti pratici di prevenzione e di studio il complesso mondo dei patogeni che possono nascondersi nel “pane quotidiano” di tutti noi. Nel mondo odierno, sempre più veloce e interconnesso, credo ci siamo dimenticati della presenza dei microrganismi che per lo più rimangono costanti e a cui non importa della nostra tecnologia.
Occasionalmente si aprono delle finestre di interesse, o meglio di panico, pubblico sugli allarmi di massa lanciati dai giornali e dai notiziari circa epidemie di questo o quell’agente. Passata la “festa” però, si torna al quotidiano oblio.
Questo manuale nasce con l’obiettivo di raccogliere il materiale scientifico disponibile in materia di microbiologia alimentare e di igiene degli alimenti e di elaborarlo in una forma più immediata pur mantenendo il carattere tecnico che necessariamente contraddistingue un elaborato scientifico.
Un tentativo quindi di mantenere costante l’interesse su questo mondo sommerso, invisibile e altrettanto ubiquitario quanto lo sono i social network e in generale del nuovo modo di vivere on-line.
Particolare attenzione è stata posta sul fenomeno dell’antibiotico-resistenza dei vari patogeni, in quanto di estremo interesse in caso di fallimento della prevenzione proposta. Il lettore noterà infatti che ogni capitolo segue un flusso costante: inizialmente il patogeno è identificato e sono descritte le patologie correlate; vengono poi identificate le matrici che possono favorirne la crescita e i metodi di prevenzione, rimozione o abbattimento consigliati; infine sono riportate le antibiotico-resistenze per ciascuna specie microbica esaminata. All’interno del libro sono riportati, per ciascuna specie microbica, valori limite che si basano sulle poche normative che stabiliscono criteri microbiologici, ovvero il regolamento della comunità europea 2073/2005 per gli alimenti e il decreto 31/2001 per le acque potabili. Tali leggi hanno subito delle modifiche ed integrazioni nel corso degli anni; questo significa che le normative sono in continua evoluzione, e che quindi i valori limite riportati nel seguente manuale potranno subire delle modifiche nel corso del tempo. Infine è importante sottolineare, che non per tutti i microrganismi responsabili di tossinfezioni alimentari esistono limiti normativi; in questi casi ci possiamo basare su linee guida emanate dalle varie regioni italiane o ASL di zona, alle quali è possibile far riferimento per poter esprimere giudizi in merito alle matrici alimentari contaminate.

Il volume è disponibile su richiesta anche in versione elettronica E-Book. Potete richiederlo tramite la sezione Contattaci.

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CORSO MICROBIOLOGIA ALIMENTARE: Virus e Parassiti

1.0 VIRUS E TOSSINFEZIONI ALIMENTARI

1.1 Generalita’

I virus non sono cellule a differenza dei batteri e dei funghi; sono strutture costituite da acido nucleico e proteine che lo circondano. I virus possono avere come materiale genetico RNA o DNA; ad esempio il virus del morbillo e dell’influenza possiedono RNA, mentre il virus dell’epatite B DNA. I virus sono particelle acellulari parassitarie poiché non possono riprodursi autonomamente, ma necessitano del sistema di replicazione di cellule che possono essere batteriche, vegetali o animali. Esistono infatti virus che infettano batteri, altri che infettano le piante (virus del tabacco) e altri che infettano animali e uomini (virus dell’influenza). Una volta che la cellula bersaglio è stata infettata dal virus rilascia all’esterno particelle virali figlie che andranno ad infettare altre cellule bersaglio.

All’esterno delle cellule ospiti i virus si presentano sotto forma di particelle singole, definite virioni. Un virione, l’unità fondamentale del virus, è formato da un acido nucleico avvolto da un capside, un rivestimento costituito da una o più proteine. L’acido nucleico può essere costituito a seconda dei casi da un filamento lineare o circolare, doppio o singolo. Il virione inoltre può avere forma semplice o complessa e talvolta è avvolto da una membrana. Dal momento che non hanno né la parete cellulare né un proprio metabolismo, i virus non risentono dell’azione degli antibiotici.

1.2 Malattie trasmesse da alimenti

La maggior parte delle malattie virali di origine alimentare sono causate da:

    • Norovirus;
    • virus dell’ epatite A ed E;
    • Rotavirus.

Gli alimenti associati a malattie virali di origine alimentare comprendono molluschi (ad esempio ostriche, mitili), crostacei, frutta/verdura cresciute su terre fertilizzate con concimi animali o irrigate con acqua contaminata, carni poco cotte come il maiale. I virus possono essere trasferiti agli alimenti direttamente dall’uomo, attraverso fluidi corporei e feci; gli Operatori del Settore Alimentare (OSA) non seguono quindi le corrette prassi igieniche, ovvero non effettuano un corretto lavaggio delle mani. Acque contaminate da liquami possono essere veicolo di virus che contaminano gli alimenti qualora tale acqua sia utilizzata per irrigare campi di ortaggi.

Vediamo nel dettaglio i virus sopra menzionati e le tecniche di prevenzione per impedire l’avvento di queste patologie virali.

NOROVIRUS: isolati e scoperti nel 1972, i Norovirus appartengono alla famiglia dei Caliciviridae, virus a singolo filamento di RNA, e sono rappresentano uno tra gli agenti più diffusi di gastroenteriti acute di origine non batterica. Il periodo di incubazione del virus è di 12-48 ore, mentre l’infezione dura dalle 12 alle 60 ore. I sintomi sono quelli comuni alle gastroenteriti, ovvero nausea, vomito, diarrea acquosa, crampi addominali; raramente si manifesta anche febbre leggera. La malattia non ha solitamente conseguenze serie, e la maggior parte delle persone guarisce in 1-2 giorni senza complicazioni. Le epidemie sono spesso associate al consumo di insalate, cibi freddi, sandwich, prodotti di panetteria. I focolai epidemici si verificano spesso nelle navi da crociera, e comunque in presenza di gruppi folti di persone in un’area ristretta, come case di cura, ristoranti, eventi organizzati.

ROTAVIRUS: il Rotavirus è la causa più comune di gastroenteriti virali fra i neonati e i bambini al di sotto dei 5 anni. In particolare nei bambini molto piccoli (tra i 6 e i 24 mesi) il virus può causare diarrea severa e disidratazione. Il virus esiste in diverse forme, ma l’infezione è pericolosa solo quando provocata dai Rotavirus A (e in misura minore da quelli B e C). La principale via di trasmissione del virus è quella feco-orale, ma qualche volta la diffusione può avvenire anche per contatto e per via respiratoria. Poiché il virus è stabile nell’ambiente, la trasmissione può avvenire attraverso l’ingestione di acqua o cibo contaminato, o a causa del contatto con superfici contaminate. La malattia presenta un periodo di incubazione di circa 2 giorni, dopo i quali insorgono febbre, disturbi gastrici, vomito e diarrea acquosa per 3-8 giorni. Nella maggior parte dei casi, quando si sviluppa una forma blanda di diarrea, i malati guariscono senza alcun trattamento. Tuttavia, una diarrea acuta può portare a disidratazione grave dell’organismo, una condizione che rischia di essere letale senza un intervento adeguato. La diffusione da persona a persona attraverso la contaminazione delle mani è probabilmente la più diffusa negli ambienti comunitari, in particolare negli asili nido. Nelle mense e negli altri luoghi destinati a ristorazione collettiva, il Rotavirus può essere trasmesso quando un operatore che ha contratto l’infezione manipola alimenti che non richiedono la cottura, come per esempio insalata, frutta e altre verdure fresche, senza lavarsi accuratamente le mani.

VIRUS EPATITE A: (il virus dell’epatite A) HAV è l’agente eziologico della più comune forma di epatite diffusa nel mondo. La malattia si manifesta, dopo un periodo di incubazione di 15-45 giorni, con la comparsa di inappetenza, malessere generale, febbre, nausea, e ittero; caratterizzata da evoluzione generalmente benigna, dura dalle 2 alle 10 settimane, e dopo la guarigione conferisce un’immunità permanente. Sono rare le forme fulminanti che si manifestano più frequentemente dopo i 50 anni. In questo caso la prognosi è sfavorevole con un tasso di mortalità dell’80%. In genere il contagio avviene per  contatto diretto da persona a persona o attraverso il consumo di acqua o di alcuni alimenti (crudi o non cotti a sufficienza) contaminati dal virus. Insolita è la trasmissione parenterale così come quella sessuale, e tale patologia non cronicizza. La fonte di contaminazione dei vegetali è costituita per lo più dall’acqua utilizzata per l’irrigazione mediante la quale i virus, se presenti, si depositano preferibilmente sulla superficie esterna dei vegetali. Durante il trasporto, i processi di lavorazione, la conservazione e la distribuzione la contaminazione può invece derivare dal contatto con persone infette e/o superfici contaminate. Il rilevamento di parecchi casi di epatite A, messi in relazione al consumo di frutta surgelata, è da attribuirsi alla sopravvivenza del HAV in tali condizioni per parecchi mesi. Pertanto, una volta che un prodotto vegetale è stato contaminato, il virus può rimanere vitale, durante la conservazione per tempi sufficienti a coprire la commercializzazione ed il consumo.

VIRUS EPATITE E:  HEV è una malattia che si trasmette con l’ingestione di acqua ed alimenti contaminati dalle feci di soggetti malati. Per tale motivo l’epatite E è maggiormente diffusa nei Paesi in via di sviluppo, mentre nei Paesi industrializzati, tra cui l’Europa, i casi di questa malattia sono rari e, per lo più, segnalati in viaggiatori provenienti dalle zone in cui la malattia è più diffusa. L’epatite E risulta più grave tra le donne in gravidanza, soprattutto nel corso del terzo trimestre, con un aumento della percentuale di mortalità che varia dall’1-3% al 10-20%. Tale patologia non cronicizza mai, presenta un periodo di incubazione che varia tra 2-6 settimane e causa nausea, vomito, febbre, e può comparire ittero.

Per le patologie sopra menzionate si possono elencare una serie di consigli, che rappresentano le misure di prevenzione di qualsiasi tossinfezione alimentare:

  • lavarsi le mani molto bene prima di toccare i cibi;
  • non lavorare e soprattutto non stare a contatto con il cibo quando si è indisposti, soprattutto se si è affetti da gastroenterite, e fino a tre giorni dopo la guarigione;
  • lavare e disinfettare accuratamente tutti i materiali e le superfici (dalle tovaglie e tovaglioli ai grembiuli e teli da lavoro, fino agli utensili) che possano essere venuti a contatto con una persona infetta e/o con il virus;
  • utilizzare solo cibi di provenienza certificata, soprattutto nel caso di alimenti che vengono cotti poco, come i frutti di mare o le verdure fresche;
  • tenere separati i soggetti che portano pannolini e pannoloni, soprattutto in asili e case di riposo, dalle aree dove viene preparato e distribuito il cibo;
  • utilizzare acqua potabile per irrigare frutta e verdura;
  • utilizzare acqua con disinfettanti a base di cloro per lavare frutta e verdura. Le procedure di decontaminazione mediante l’utilizzo di acqua clorata dei prodotti freschi hanno mostrato infatti una capacità d’inattivazione virale notevole;
  • portare a bollore per due minuti la frutta congelata (come frutti di bosco) per inattivare i virus.

2.0 PARASSITI E TOSSINFEZIONI ALIMENTARI

2.1 Generalita’

I parassiti che causano tossinfezioni alimentari sono esseri viventi visibili ad occhio nudo, anche se talvolta molto piccoli (pochi millimetri di lunghezza). I parassiti sono organismi che sfruttano altri esseri viventi per ottenere nutrimento; non tendono ad uccidere gli ospiti proprio perché da questi dipende la loro vita.

Le parassitosi sono frequenti nei Paesi in via di sviluppo, un po’ meno nei Paesi occidentali; tuttavia, nei Paesi industriali sono in aumento; quali sono le cause di questo trend in rialzo?

  • l’aumento dell’importazione di frutta, verdure, e prodotti etnici, alcuni dei quali provenienti da paesi senza moderne strutture;
  • l’aumentato interesse al consumo di cibi crudi o poco cotti;
  • l’aumento di popolazione con basse difese immunitarie;
  • progressivo riscaldamento del pianeta.

Vedremo di seguito alcuni dei principali parassiti causa di malattie trasmesse da alimenti, e le misure di prevenzione da adottare per impedire la contaminazione e la sopravvivenza di tali esseri viventi nei cibi.

2.2 Zoonosi alimentari 

Le zoonosi parassitarie sono spesso causate dall’ingestione di acqua contaminata, pesce crudo e carne cruda o poca cotta. I parassiti, a differenza dei batteri, vengono uccisi sia dalle alte temperature che dalle basse temperature; infatti la surgelazione se applicata correttamente comporta la morte dei parassiti.

ANISAKIS: patologia causata principalmente dal consumo di pesce crudo o poco cotto, per la prima volta rilevata a Bari nel 1996. Anisakis è un nematode che fa parte della famiglia degli ascaridi, genera delle larve di colore bianco-crema lunghe circa 1-3 cm scatenanti la zoonosi nell’uomo. Definito “parassita cosmopolita” infesta varie specie ittiche, tra cui il pesce sciabola, lo sgombro, il merluzzo, il totano, le alici e le sardine. Le larve allo stadio L3, stadio infestante, sono resistenti ai succhi gastrici colonizzando così la mucosa gastrica e intestinale dando origine a varie forme cliniche:

  • forma acuta con dolori addominale, vomito, nausea, diarrea;
  • forma cronica con occlusione intestinale, formazione di ascessi gastroenterici e versamento nel peritoneo;
  • forma ectopica che si verifica quando le larve L3 perforano la parete gastrica e/o intestinale e migrano così in vari organi.

In tutte e tre le forme sopra menzionate si possono verificare forme allergiche, fino a forme anafilattiche attivate da IgE.

Il cambiamento dello stile di vita degli italiani ha causato un incremento di questa patologia, infatti il consumo di pesce crudo è in rialzo, sia a livello domestico che in ristorazione. Per quanto riguarda la prevenzione di tale parassitosi si parla di:

  • consumo di pesce cotto (temperature superiori a 60°C per almeno un minuto sino al cuore del prodotto sono sufficienti alla morte del parassita). In caso di pesci di grossa pezzatura la temperatura di 60°C deve essere applicata per almeno 10 minuti al cuore del prodotto;
  • salagione a secco con elevate concentrazioni si sale, circa 8-10%, per lunghi periodi (da 6 settimane per pesci piccoli fino a parecchi mesi per pezzature maggiori);
  • eviscerare il pesce subito dopo l’acquisto e stoccaggio a -20°C per 24 ore in cella freezer in ristorazione collettiva;
  • in ambito domestico eviscerare il pesce dopo l’acquisto e congelazione per almeno 96 ore a -18°C in congelatore contrassegnato da tre o più stelle

TRICHINELLA SPIRALIS: zoonosi causata da vermi cilindrici, nematodi, appartenenti al genere Trichinella. Il parassita inizialmente si localizza a livello intestinale per poi dare origine a una nuova generazione di larve che migrano nei muscoli, dove poi si incistano. Il parassita è in grado di infettare i mammiferi, gli uccelli e i rettili. La trasmissione all’uomo avviene esclusivamente per via alimentare, attraverso il consumo di carne cruda o poco cotta contenente le larve del parassita. In Italia, il veicolo di trasmissione maggiormente incriminato è la carne suina (maiale o cinghiale) ed equina. La trichinosi non si trasmette da persona a persona. Il periodo di incubazione è generalmente di circa 8-15 giorni, ma può variare da 5 a 45 giorni a seconda del numero di parassiti ingeriti. Nell’uomo il quadro clinico varia dalle infezioni asintomatiche a casi particolarmente gravi, con alcuni decessi. La sintomatologia classica è caratterizzata da diarrea (che è presente in circa il 40% degli individui infetti), dolori muscolari, debolezza, sudorazione, edemi alle palpebre superiori, fotofobia e febbre. La trichinosi può essere prevenuta osservando le seguenti misure igienico-sanitarie:

  • la carne va consumata ben cotta, in modo che le eventuali larve presenti vengano inattivate o distrutte dal calore (è sufficiente 1 minuto a 65°C). Il colore della carne deve virare dal rosa al bruno;
  • la selvaggina e i maiali macellati a domicilio devono essere esaminati da un veterinario per determinare l’eventuale presenza delle larve del parassita nelle carni;
  • evitare il consumo di carne di maiale cruda o poco cotta.

TENIA: Taenia solium e Taenia saginata sono parassiti appartenenti alla classe dei Cestodi, presenti un po’ ovunque nel mondo. Queste due specie sono molto simili tra loro: entrambe sono formate da una testa, o scolice, provvista di 4 ventose (T. solium presenta inoltre anche degli uncini sull’apice dello scolice), un collo ed un corpo composto da segmenti corporei ripetuti detti proglottidi. Le proglottidi più vicine alla testa sono quelle più giovani e di dimensioni più ridotte, mentre quelle più lontane sono più vecchie e di dimensioni maggiori. Questi segmenti servono alla tenia per la riproduzione, e contengono sia gli organi riproduttivi maschili che quelli femminili, in quanto queste specie sono ermafrodite. La ragione di questa scelta in campo riproduttivo è palese: difficilmente, infatti, un “verme solitario” ha la possibilità di incontrare un partner. Un’altra caratteristica particolare sta nel fatto che questi parassiti non hanno un apparato digerente, quindi sfruttano l’ospite sottraendogli le sostanze nutritive già digerite assorbendole attraverso la superficie del corpo. Il ciclo vitale delle due specie è praticamente identico, con l’eccezione dell’ospite intermedio, che per T. solium è il maiale, mentre per T. saginata sono i bovini. L’uomo si infetta ingerendo carne cruda o poco cotta di animali infettati dalle larve (dette cisticerchi) delle tenie, che hanno la forma di una pallina grande circa 5-10 mm.

Nell’intestino del nuovo ospite la larva sviluppa lo scolice, con il quale aderisce alla mucosa, e da questo le numerose proglottidi. Esse costituiscono la maggior parte del corpo dell’animale, che raggiunge dimensioni ragguardevoli: T. solium raggiunge infatti i 3-5 m, mentre T. saginata addirittura 10 m di lunghezza. Una volta che le proglottidi si sono sviluppate e sono mature sessualmente, avviene un processo chiamato autofecondazione, a cui segue il distaccamento delle proglottidi contenenti le uova (ciascuna di questi segmenti ne può contenere fino a 250.000). La patologia data dalla presenza di tenia è la teniasi, che può manifestarsi con sintomi addominali di lieve entità o con bulimia, dimagrimento, astenia o ancora, seppur più raramente, appendicite (dovuta al passaggio delle proglottidi).

3.0 BIBLIOGRAFIA E SITOGRAFIA

  1. Giorgio Gilli. Professione igienista. Manuale dell’igiene ambientale e territoriale, Casa editrice ambrosiana, 2010. Lo Nostro Antonella, malattie trasmesse da alimenti pp 336-375.
  2. http://ebook.scuola.zanichelli.it/sadavabiologia/la-genetica-dei-virus/la-struttura-dei-virus
  3. http://www.eufic.org/article/it/artid/Viral-foodborne-illnesses/
  4. http://www.epicentro.iss.it/problemi/norovirus/norovirus.asp
  5. http://www.cdc.gov/nceh/vsp/pub/Norovirus/Italian.htm
  6. http://www.epicentro.iss.it/problemi/rotavirus/rotavirus.asp
  7. http://www.epicentro.iss.it/problemi/trichinella/trichinella.asp
  8. https://www.cdc.gov/dpdx/anisakiasis/gallery.html
  9. https://www.cdc.gov/dpdx/taeniasis/gallery.html
  10. M.P. Previdi, P. Mutti, S. Barbuti. Dipartimento di Microbiologia. Virus dell’epatite A in frutti di bosco: raccolta di informazioni bibliografiche relativa all’azione di trattamenti tecnologici finalizzati all’inattivazione del virus.
  11. Parassiti e tossinfezioni alimentari; Centro di Riferimento Regionale sulle Tossinfezioni Alimentari (Ce.R.R.T.A).
  12. R. Carbini, S. D’Amato, M. G. Pompa, A. Prete, L. Vellucci, L. Virtuani. Ministero della sanità, dipartimento della prevenzione malattie infettive e profilassi internazionale consigli sulla prevenzione di alcune malattie infettive.
  13. Rivista Ordine Nazionale dei Biologi, anno XLVI, numero 1, Gennaio 2016; pag. 4-17. Articolo a cura di Luciano O. Atzori, esperto in sicurezza degli alimenti e tutela della salute.
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Corso microbiologia alimentare: Vibrio spp. – Yersinia enterocolitica

1.0 GENERALITA’

I vibrioni sono batteri Gram -, ossidasi positivi e asporigeni; sono bastoncelli mobili aerobi ed anaerobi facoltativi. All’osservazione al microscopio il vibrione del colera presenta una tipica forma a virgola; a volte due o più cellule si possono osservare unite con le curve disposte in senso opposto, così da assumere una conformazione a S, oppure possono essere riunite in catena con aspetto ad elica.

I microrganismi appartenenti al genere Vibrio sono ampiamente distribuiti nell’ambiente acquatico dove la loro presenza è comunque difficilmente correlabile a quella degli indicatori di contaminazione fecale in quanto presenti anche in acque dolci non contaminate a livello fecale.

Il genere Vibrio comprende varie specie, tra cui la più conosciuta è Vibrio cholerae, agente eziologico del colera, malattia caratterizzata nell’uomo da una gastroenterite acuta.

Altri microrganismi appartenenti al genere, quali Vibrio parahaemolyticus, V. vulnificus, V. alginolyticus, fanno parte del gruppo dei vibrioni alofili e sono spesso associati a manifestazioni diarroiche, ad infezioni cutanee, otiti e forme setticemiche, prevalentemente in soggetti immunodepressi. In generale questi microrganismi possono causare patologie in seguito ad ingestione di alimenti ed acque contaminati.

Yersinia enterocolita è un coccobacillo Gram – mobile grazie alla presenza di flagelli peritrichi, in grado di crescere senza particolari esigenze nutrizionali a temperature ottimali comprese tra 25-28°C; tuttavia come Listeria monocytogenes è in grado di moltiplicarsi a temperature di refrigerazione di 4°C.

Yersinia enterocolita fa parte del genere Yersinia, che a sua volta si trova all’interno della famiglia delle Enterobatteriaceae; tale microrganismo può causare tossinfezioni alimentari soprattutto in seguito all’ingestione di carne poco cotta, latte non pastorizzato ed acqua contaminata.

 

2.0 TOSSINFEZIONI ALIMENTARI E PATOGENESI

VIBRIO SPP. : I vibrioni possono essere causa di malattie trasmesse da alimenti in seguito all’ingestione di cibi o acque contaminate dagli stessi. La presenza di batteri appartenenti a questo genere nelle acque potabili è rara, grazie ai trattamenti di clorazione cui vengono sottoposte le acque provenienti da acquedotto comunale; in base al Decreto 31/2001 e s.m.i. i vibrioni devono essere assenti in un’acqua potabile (nella normativa si parla di enterobatteri patogeni, tra cui rientrano tali microrganismi). Gli alimenti spesso contaminati da vibrioni sono i prodotti del mare, come molluschi e pesce. Per varie specie di vibrioni tuttavia è sconosciuta la dose minima infettante, o comunque è dubbia e variabile la quantità di cellule necessaria a causare la patologia.

Vedremo di seguito dettagli di alcune specie facenti parte del genere Vibrio, ed alcuni cenni sulla patogenesi di tali batteri.

Vibrio cholerare causa una patologia interessata da diarrea acquosa, crampi addominali, febbre e nausea, che si manifesta dopo l’ingestione di alimenti o acqua contaminata in 12-72 ore; si parla di trasmissione feco-orale poiché i batteri sono espulsi con le feci e possono raggiungere e contaminare le matrici alimentari (ad esempio in seguito a cattiva igiene del personale oppure per irrigazione di ortaggi con acqua contaminata). L’enterotossina colerica, prodotta dai ceppi tossinogeni di Vibrio cholerae, agisce penetrando nelle cellule della mucosa, dove attiva l’enzima adenil-ciclasi presente nella membrana cellulare che catalizza una reazione che favorisce la trasformazione dell’ATP cellulare in AMP-ciclico. L’aumentata concentrazione di questa sostanza determina una notevole ipersecrezione di acqua e di elettroliti. Solitamente la dose infettante è alta, circa 108 cellule/g, tuttavia in soggetti con ipocloridria o con problemi gastrici si abbassa a 103-105 cellule/g.

Vibrio alginolyticus, la cui patogenicità nei confronti dell’uomo è stata dimostrata solo raramente, pare essere responsabile di patologie da ferite o otiti trasmesse dall’acqua di mare. È ritenuto un patogeno opportunista soprattutto per gli animali acquatici e alcuni studi lo riportano come responsabile di vibriosi nei gamberetti.

Vibrio vulnificus è un microrganismo alofilo, un tempo confuso con Vibrio parahaemolyticus, caratterizzato da diffusione ubiquitaria e presente nell’ ambiente marino. Come si evince dal nome, il termine vulnificus deriva dal latino vulnus che significa ferita: questo microrganismo è infatti responsabile di infezioni localizzate come vasculiti, a seguito di contaminazioni di ferite aperte con acqua contaminata. Può anche essere causa di sepsi soprattutto in soggetti immunodepressi che hanno consumato molluschi crudi e nei quali Vibrio vulnificus è in grado di superare la mucosa intestinale. Tale microrganismo è molto diffuso negli Stati Uniti, come causa tossinfezioni alimentari.

Vibrio parahaemolyticus causa patologie con un tempo di incubazione compreso tra 4-92 ore, interessate da diarrea acquosa, talora sanguinolenta, nausea e vomito.

La patogenicità di Vibrio parahaemolyticus sembra essere legata alla presenza di due tossine: TDH, termostabile emolisina diretta e TRH, emolisina termostabile-correlati. Il meccanismo patogenetico attraverso il quale V. parahaemolyticus causa la malattia rimane poco chiaro. Tuttavia , è noto che la TDH è una tossina che provoca la lisi dei globuli rossi e può attaccare le cellule intestinali, a discapito dell’equilibrio elettrolitico. Il meccanismo di azione  della tossina TRH è simile a quello della TDH, interrompe il flusso elettrolitico nelle cellule intestinali.

Vibrio parahaemolyticus in tcbs agar

Vibrio parahaemolyticus in tcbs agar

YERSINIA ENTEROCOLITICA: Il principale serbatoio di Y. enterocolitica è rappresentato dai suini, in cui è possibile isolare il batterio a livello delle tonsille, nell’intestino e nelle feci; inoltre è presente nell’ambiente dove è in grado di sopravvivere per lungo tempo. Il consumo di carni crude o poco cotte, soprattutto di suino, e, più raramente, di vegetali e latte crudo contaminati da materiale fecale infetto, rappresenta la principale via di trasmissione; a volte l’infezione può essere acquisita attraverso il contatto diretto con animali infetti o tra uomo e uomo. La fonte principale di contaminazione per le carni è rappresentata dal processo di macellazione che, se non condotto correttamente, può portare alla contaminazione delle carcasse. Yersinia spp. cresce bene a temperature di refrigerazione (+4°C) e quindi gli alimenti contaminati pronti al consumo, conservati in frigorifero, possono rappresentare un’ulteriore fonte di infezione. La yersiniosi può presentare diversi quadri clinici, quali diarrea, a volte con sangue accompagnata da febbre e dolori addominali che coinvolgono frequentemente il lato destro e che  possono essere confusi con episodi di appendicite; possono inoltre verificarsi complicazioni post-infettive quali eritema, dolori articolari e/o batteriemia, legate soprattutto all’età dell’ospite e allo stato immunitario. I sintomi compaiono nell’arco di 4-7 giorni dall’infezione e generalmente si risolvono nell’arco di 1-3 settimane. Yersinia enterocolitica presenta vari fattori di virulenza, che permettono ai batteri di eludere al sistema immunitario e quindi di invadere la mucosa intestinale; inoltre tale microrganismo è in grado di produrre una enterotossina, che facilità l’invasione e il danneggiamento dei tessuti intestinali.

3.0 ANTIBIOTICO RESISTENZA DI VIBRIO SPP.

 La resistenza agli antibiotici dei batteri risulta essere in aumento, per alcune specie batteriche in particolare ma in generale per tutti i microrganismi.

Per quanto riguarda Vibrio spp. in letteratura si trovano vari articoli in cui si esplicano i meccanismi di antibiotico resistenza e le classi di chemioterapici cui le varie specie appartenenti a tale genere sono resistenti. E’ stata riscontrata resistenza verso streptomicina, polimixina B e ampicillina; sono stati riscontrati anche ceppi multiresistenti ovvero resistenti a più antibiotici contemporaneamente.

Yersinia enterocolitica risulta resistente a crolamfenicolo, trimetropina, ampicillina, streptomicina, eritromicina e tetraciclina.

4.0 BIBLIOGRAFIA E SITOGRAFIA

  1. Beuchat, Larry R. Food Microbiology : Fundamentals and Frontiers. Ed. Michael P. Doyle and Thomas J. Montville. Grand Rapids: Blackwell Limited, 2001.
  2. Bhunia, Arun K. Foodborne Microbial Pathogens : Mechanisms and Pathogenesis. New York: Springer, 2007.
  3. Feifei Han, Robert D. Walker, Marlene E. Janes, Witoon Prinyawiwatkul, Beilei Ge.  Antimicrobial Susceptibilities of Vibrio parahaemolyticus and Vibrio vulnificus Isolates from Louisiana Gulf and Retail Raw Oysters.
  4. Giorgio Gilli. Professione igienista. Manuale dell’igiene ambientale e territoriale, Casa editrice ambrosiana, 2010. Lo Nostro Antonella, malattie trasmesse da alimenti pp 336-375.
  5. https://www.rki.de/SharedDocs/Bilder/InfAZ/Vibrio_cholerae/EM_Tab_Vibrio_cholerae.html
  6. http://visualsunlimited.photoshelter.com/image/I0000r3XdVpy9cxw
  7. http://web.mst.edu/~microbio/BIO221_2009/Y_enterocolitica.html
  8. http://www.orsacampania.it/vibrio-parahaemolyticus/
  9. http://www.izsalimento.izsto.it/palimenti/index.php/sicurezzaalimenti/pericolibiologici/85-sicurezza-alimenti/pericoli-biologici/134-yersinia-enterocolitica
  10. http://www.foodsafety.gov/poisoning/causes/bacteriaviruses/vibrio_infections/
  11. K Ruckdeschel, A Roggenkamp, V Lafont, P Mangeat, J Heesemann, B Rouot. Interaction of Yersinia enterocolitica with macrophages leads to macrophage cell death through apoptosis. Infection and Immunity, Volume 65, Number 11 (November 1997), pp. 4813-21, <http://ejournals.ebsco.com/direct.asp?ArticleID=44E8BB51C9500978C489&gt;
  12. Li Yu, Yanyan Zhou, Ruibai Wang, Jing Lou, Lijuan Zhang, Jie Li, Zhenqiang Bi, Biao Kan. Multiple antibiotic resistance of Vibrio cholerae serogroup O139 in China from 1993 to 2009.
  13. Nicholas A. Daniels, MD, MPH, Alireza Shafaie, MD; University of California, San Francisco, School of Medicine. A Review of Pathogenic Vibrio Infections for Clinicians.
  14. Pepe, J. C., M. R. Wachtel, E. Wagar, and V. L. Miller. “Pathogenesis of defined invasion mutants of Yersinia enterocolitica in a BALB/c mouse model of infection.” Infection and Immunity 63 (1995): 4557-563.
  15. Terentjeva M., Berzins A. Prevalence and antimicrobial resistance of Yersinia enterocolitica and Yersinia pseudotuberculosis in slaughter pigs in Latvia.
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Corso microbiologia alimentare: muffe e lieviti

 

1.0 GENERALITA’

Muffe e lieviti sono organismi viventi che appartengono al regno dei funghi, e le cellule che li compongono sono cellule eucariote, e non procariote come le cellule batteriche.

I lieviti sono organismi unicellulari non filamentosi con diametro di circa 3-5 μm, e presentano una spessa parete cellulare formata da glucano (60%), mannano (25%), proteine/lipidi (10%) e chitina (5%); aerobi obbligati o anaerobi facoltativi si riproducono per gemmazione. Da una cellula si forma una piccola protuberanza, gemma, che man mano si ingrandisce; avvenuta la divisione del nucleo nella cellula madre, uno dei nuovi nuclei passa nella gemma, in cui si è riversato anche parte del citoplasma con tutti i suoi costituenti. Infine la cellula figlia si separa e può a sua volta gemmare. La stessa cellula madre può produrre più cellule figlie attraverso la gemmazione. Talvolta le cellule dei lieviti e la loro progenie aderiscono le une alle altre formando catene o “pseudoife”; in questo caso assumono forme pseudomiceliali.

fig. 1 saccharomycodes ludwigii, lievito isolato dal vino.

fig. 1 saccharomycodes ludwigii, lievito isolato dal vino.

Le muffe invece, sono organismi pluricellulari costituiti da filamenti definite ife; presentano una spessa parete cellulare formata da chitina (75%), e proteine/lipidi (25%). Aerobi obbligati si riproducono per sporificazione. Il principale elemento della crescita di una muffa è l’ifa, una struttura tubulare ramificata con diametro che varia da 2 a 10 μm, molto più grande cioè di quello di una cellula batterica. Con lo svilupparsi di una colonia le sue ife formano una massa di filamenti intrecciati definita micelio.

fig. 2 spore di muffa al microscopio

fig. 2 spore di muffa al microscopio

Il micelio immerso negli alimenti o nelle superfici è deputato all’assorbimento di sostanze nutritive, il micelio aereo (visibile) invece presenta le cellule riproduttive o spore, e per questo è anche detto micelio riproduttivo.

La riproduzione per sporificazione e gemmazione è definita riproduzione asessuta; tuttavia sia le muffe che i lieviti possono moltiplicarsi anche attraverso la riproduzione sessuata.

2.0 MUFFE, LIEVITI E TOSSINFEZIONI ALIMENTARI

Muffe e lieviti raggruppano un insieme di specie diverse tra di loro, alcune delle quali patogene per l’uomo, altre no. Basti pensare al lievito Saccaromyces cerevisiae utilizzato nei processi di panificazione oppure alle muffe del gorgonzola, importanti per conferire al formaggio un gusto particolare. I lieviti si sviluppano in presenza di zuccheri e sono importanti nel settore alimentare perché fermentano i carboidrati producendo alcool e anidride carbonica. Vengono perciò utilizzati nella produzione del vino e della birra e per far lievitare il pane: infatti, l’anidride carbonica prodotta è un gas e fa gonfiare la pasta del pane, della pizza e di tutti gli altri alimenti lievitati (brioches ecc…).

Per quanto riguarda le muffe, alcune specie presenti sulla pelle dei salami svolgono un ruolo fondamentale nella maturazione e nell’affinamento degli insaccati intervenendo in diversi processi, come la regolazione del grado di umidità, la disacidificazione e la proteolisi , e influenzano notevolmente la formazione del gusto del prodotto. Però non tutte le muffe provocano alterazioni gradevoli dei cibi; ad esempio muffe del genere Penicillium si ritrovano spesso sugli agrumi (arance, limoni) dove formano una patina blu-verdastra, mentre nei cereali e nelle farine si può ritrovare l’Aspergillus. Le specie appartenenti al genere Thamnidium si rinvengono frequentemente sulle carni refrigerate dove determinano fenomeni di ammuffimento.

Le muffe patogene che contaminano i cibi possono causare tossinfezioni alimentari, con conseguenti sintomi quali vomito e diarrea; ad esempio la muffa Mucor circinelloides isolata da yogurt può causare patologie gastrointestinali.

fig 3 muffe isolaate da un campione di semola di grano su terreno di coltura dichloran glycerol agar base

fig 3 muffe isolate da un campione di semola di grano su terreno di coltura dichloran glycerol agar base

fig 4 muffe e lieviti su terreno di coltura rose bengal agar base

fig 4 muffe e lieviti su terreno di coltura rose bengal agar base

2.1 Micotossine

Le specie di muffe in grado di produrre micotossine appartengono nella maggior parte dei casi a tre generi molto diffusi, ovvero Aspergillus, Penicillium e Fusarium, mentre altri generi hanno minore importanza (Claviceps, Alternaria, Cladosporium e Rhizopus).

Le muffe in grado di produrre micotossine si sviluppano con formazioni pulverulente bianche, verdastre o nere sugli alimenti, in particolare sulle derrate alimentari come cereali e frutta secca, e sugli alimenti per il bestiame, quali foraggi, insilati, farine di estrazione.

Le micotossicosi, ovvero le sindromi tossiche derivanti dall’esposizione alle micotossine, sono note già da molto tempo, ma la prima forma di micotossicosi fu ufficialmente riconosciuta solo nel 1800, causata dall’ingestione di grano contaminato da Claviceps purpurea.

Le muffe possono vivere in molti tipi di ambienti, adattandosi bene ad un ampio intervallo di temperature (prediligono quelle elevate, senza però disdegnare quelle più basse) e in presenza di un tenore di umidità elevata.

Lo sviluppo di muffe e la produzione di micotossine è possibile nella produzione primaria, ovvero durante la coltivazione delle piante nei terreni, ma può avvenire anche durante le fasi che seguono e che caratterizzano la produzione secondaria, ovvero manipolazione, trasformazione e conservazione dei prodotti alimentari.

Le micotossine presentano strutture chimiche diverse in quanto prodotte da specie diverse o da ceppi diversi della stessa specie fungina, ma si possono tuttavia riunire in gruppi di prodotti simili, ovvero:

  • aflatossine, prodotte soprattutto dall’Aspergillus;
  • fumosinine, zearalenone e tricoteceni, prodotti dal Fusarium;
  • ocratossina e patulina, prodotte dal Penicillium e Aspergillus.

 Vediamo nel dettaglio le varie tipologie di micotossine.

AFLATOSSINE: prodotte da funghi appartenenti alla classe degli Ascomiceti, genere Aspergillus, ed in particolare A. flavus e A. parasiticus. Le aflatossine sono derivati difuranocumarinici, a basso peso molecolare, alto punto di fusione ed elevata. Fra le 18 aflatossine finora isolate 5 sono considerate rilevanti sia per diffusione che per tossicità e sono l’aflatossina B1, l’aflatossina B2, l’aflatossina G1, l’aflatossina G2 e l’aflatossina M1.

I fattori che influiscono sulla produzione di aflatossine possono suddividersi in fisici, nutrizionali e biologici. I fattori fisici includono temperatura, umidità relativa, luce, grado di aerazione e pH. In generale la temperatura ottimale è compresa nell’intervallo 25-28°C. Un clima caratterizzato da temperatura elevata seguita da brusco calo (giornate calde e notti fredde, temporali) favorisce la produzione di aflatossine. La produzione di aflatossine risulta particolarmente abbondante in stagioni con temperature superiori alla media e piovosità inferiore alla media; gli insetti sono da considerare tra i maggiori responsabili della contaminazione sia per la veicolazione delle spore fungine, sia per il danneggiamento alla pianta. Anche l’umidità relativa del substrato e l’umidità relativa ambientale sono fattori critici per la produzione di aflatossine, che aumenta quando la disponibilità di acqua varia in più o in meno (stress idrico) e si porta a livelli non più ottimali per lo sviluppo delle muffe.

Le quantità maggiori di aflatossine sono prodotte a pH acidi. Valori di pH<6 favoriscono B1 e B2, valori di pH>6 favoriscono G1 e G2. Valori massimi di aflatossine si ottengono in un intervallo di pH tamponato tra 5 e 6.

Quanto al substrato su cui crescono le muffe, questo condiziona la produzione di micotossine. A. flavus è aflatossinogeno su arachidi, pistacchi, spezie, frumento, mais, orzo, crusca, semi di soia, semi di cotone, piselli, sorgo e miglio. Non ne produce affatto su riso, ed infatti il riso fermentato da questo micete viene utilizzato per la produzione della bevanda sakè e per la produzione industriale dell’enzima diastasi. In generale, la produzione di aflatossine è più abbondante su substrati ricchi di carboidrati, infatti, le fonti preferite di carbonio per la biosintesi di aflatossine sono glucosio, saccarosio e fruttosio.

fig 5 mais contaminato da spergillus spp.

fig 5 mais contaminato da spergillus spp.

FUMOSININE, ZEARALENONE E TRICOTECENI: prodotte da diverse specie di Fusarium e in particolare da F.graminearum, F. gulmorum e F. equiseti.

Le fumonisine sono un gruppo di sostanze strutturalmente correlate prodotte principalmente dalla specie Fusarium moniliforme e F. proliferatum, sebbene anche altre specie ne siano potenzialmente produttrici. Le fumonisine sono diesteri dell’acido tricarballilico e polialcoli, caratterizzati da una struttura molto simile a quella della sfingosina. Anche le fumonisine, come la gran parte delle altre micotossine, sono dotate di una certa termostabilità. La potente azione inibente delle fumonisine sulla sintesi degli sfingolipidi sembra essere alla base degli effetti tossici provocati da queste sostanze e della loro attività.

Gli zearalenoni sono prodotti da diverse specie di Fusarium e in particolare da F. graminearum, F. gulmorum e F. equiseti. Lo zearalenone è un lattone dell’acido resorcilico, che si ritrova spesso nei cereali, ed in particolare nel mais, frumento, sorgo, orzo e nell’avena.

OCRATOSSINE E PATULINA: le ocratossine sono un gruppo di metaboliti strutturalmente simili, prodotti da funghi del genere Aspergillus e Penicillium, in particolare da A. ochraceus e da P. viridicatum. Quelle attualmente conosciute sono l’ocratossina A (OA) e la B (OB) e delle due quella più tossica è la OA.

Dal punto di vista chimico l’OA è costituita da un derivato cumarinico legato alla fenilalanina, mentre l’OB consiste nell’analogo privo di un atomo di cloro.

La biotrasformazione dell’OA è dipendente dal citocromo P450 sia nell’uomo sia negli animali e porta alla formazione di intermedi metabolicamente attivi probabilmente responsabili dell’azione cancerogena e di altri effetti tossici. Il suo assorbimento avviene nel tratto gastrointestinale e, attraverso la circolazione enteroepatica, può essere escreta e riassorbita.

Il principale organo bersaglio dell’OA è il rene, ma per dosi sufficientemente elevate si ha tossicità anche a livello epatico con infiltrazione grassa e accumulo di glicogeno negli epatociti (per blocco del sistema enzimatico delle fosforilasi).

Tra i prodotti che con più frequenza vengono trovati contaminati vi sono l’orzo, il sorgo, il mais, il caffè crudo in grani (la tostatura denatura le ocratossine) e vari prodotti da forno; ma più preoccupante è la presenza di OA nei mangimi animali.

3.0 BIBLIOGRAFIA E SITOGRAFIA 

  1. Bernard D. Davis, Renato Dulbecco, Herman N. Eisen . Microbiologia.
  2. Formaggi Italiani – Storie e tecniche di preparazione, Mario Vizzardi – Piero Maffeis Muffe e Alimenti, Ivan Dragoni – Carlo Cantoni.
  3. Giorgio Gilli. Professione igienista. Manuale dell’igiene ambientale e territoriale, Casa editrice ambrosiana, 2010. Lo Nostro Antonella, malattie trasmesse da alimenti.
  4. http://www.funsci.com/fun3_it/guida/guida3/micro3.htm
  5. http://www.millevigne.it/index.php/il-periodico/81-n-2-2013/enologia/205-il-controllo-microbiologico-in-vinificazione
  6. http://www.textbookofbacteriology.net/
  7. http://www.terraevita.it/aflatossine-mais-controllo-biologico/
  8. Istituto Zooprofilattico Sperimentale della Lombardia e dell’Emilia Romagna “B. Ubertini” Dr. Roberto Piro Dr. Alberto Biancardi: micotossine.
  9. Introduzione alla microbiologia, Eudes Lanciotti.
  10. Soo Chan Lee, R. Blake Billmyre, Alicia Li, Sandra Carsonb, Sean M. Sykesc, Eun Young Huhd, Piotr Mieczkowski, Dennis C. Ko, Christina A. Cuomo, Joseph Heitman.  Analysis of a Food-Borne Fungal Pathogen Outbreak: Virulence and Genome of a Mucor circinelloides Isolate from Yogurt. american society for microbiology.
  11. Rapporti ISTISAN 05/42 2005¸ Le micotossine nella filiera agro-alimentare. Istituto Superiore di Sanità, Roma, 29-30 novembre 2004. Atti a cura di Marina Miraglia e Carlo Brera.
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